Tra Africa e Barocco: Classica Orchestra Afrobeat
Arriva dalla Romagna uno dei più creativi e singolari esperimenti musicali contemporanei. Un omaggio a quelle che il compositore britannico Brian Eno, il padre dei suoni per ambienti, ha definito ‘Musiche possibili’. Che significa mescolare l’Africa con le scritture sonore colte della tradizione colta occidentale.
Gli arrangiamenti cameristici ed i griots, i cantastorie della tradizione della Guinea e del Mali.
Si chiama Classica Orchestra Afrobeat ed è un ensemble diretto dal compositore Marco Zanoti che ha da poco pubblicato l’album ‘Regard Sur Le Passè’, una epopea africana che mette in musica la vita dell’ultimo imperatore africano, che si oppose strenuamente alla fine dell’ ‘800 al colonialismo, e divenne così una leggenda nel continente, grazie ai canti che a lui dedicò il suo griot, il cantastorie personale.
Un patrimonio tramandato oralmente per decenni, sino a quando, nel 1969, una orchestra della Guinea, non lo introdusse nel suo repertorio. La forza tribale della poliritmia africana all’interno di un ensemble nel quale le percussioni convivono con strumenti della musica antica, come l’oboe e il clavicembalo.
Un incontro, quello che l’Orchestra mette in scena.
Tutto è iniziato leggendo una frase di Fela Kuti, il musicista nigeriano che fece conoscere il funk africano al mondo negli anni 60. Per lui l’afrobeat era la moderna musica classica. Stessa complessità, differenti livelli di lettura, intreccio continuo di ritmo e melodia. Così è nata l’esperienza della Classica Orchestra Afrobeat.
Un album d’esordio che era un omaggio a Fela Kuti e che vi ha fatto conoscere nel mondo.
Si, la scorsa estate abbiamo avuto l’onore di essere sul palco del festival inglese di Glastonbury, unico gruppo italiano invitato al fianco di artisti come i Rolling Stones e i Mumford&Sons. E con noi si è esibito Sean Kuti, il figlio di Fela, che continua a far conoscere nel mondo le musiche del padre.
Come proponete ‘Regard Sur Le Passe’’ dal vivo?
L’opera viene suonata in tre movimenti intervallati dall’esecuzione di due brevi sinfonie di autori italiani vissuti tra il ’500 e il ‘600, il mantovano Salomone Rossi e il napoletano Andrea Falconieri. Introducono, con le loro arie antiche, le voci dei griots africani.
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