Massimo Zamboni è uno dei protagonisti della sperimentazione rock italiana sin dagli anni ‘80, quando con Giovanni Lindo Ferretti diede vita ai CCCP prima e ai CSI dopo.
E’ appena uscito il suo romanzo ‘L’eco di uno sparo’ (Einaudi) ed è il primo ospite di viaemiliamagazine.
Con il testo inedito: Luzzara, Reggio Emilia

—-

Certo il vecchio Zavattini sarebbe uscito di senno solo a vederle come fanno a camminare, queste ragazze dall’incarnato nero. Proprio matto del tutto sarebbe diventato, per come ciondolano lungo i portici della sua città natale, vestendo vestiti elettrificati con toni di celeste che a Luzzara solo alcune case osano indossare. Lui la cittadinanza a loro gliela avrebbe data di sicuro, anzi, gliela regalava, assieme a un mazzo di fiori di benvenuto e un invito a cena, senza tanti timbri o impronte digitali, solo perché sono venute fino qua, per esistere; e anche per quello che loro non sanno nascondere, semplicemente passeggiando. Perché loro pregano con il corpo; e noi non lo sapremo fare mai. Tanta abbondanza, tanto colore, da queste parti non si sarebbero potuti immaginare mai, neanche nella terra dei Naïfs.

 

 

zamboni1

Eppure colori nostrani ne sa offrire tanti ancora, Luzzara, e forme astratte, aliene: a partire dai capelli blu di Prussia di una signora al limite del pioppeto, ai resoconti di cocomeri galleggianti sul Po alla deriva, al pesce luccio che nuota nel cielo cittadino, ai dipinti appesi sugli alberi a sette-otto metri sopra il suolo per sovrastare le piene ricorrenti. Queste son cose tutte di qua. E però più appariscenti sono i Cinesi che hanno sequestrato le bici dei nativi e scorrazzano in gruppi per il paese come e meglio che a casa loro; perché questa è già casa loro. Appariscenti anche i baffi e le tuniche pakistane, le velature, i coloriti est-europei, sempre un po’ più chiari e biondi, o scuri e mori, di quelli che eravamo soliti incrociare lungo il Po. E le eminenze indiane con barbe da uomini santi e il turbante in capo. Di tutti loro è la piazza, che appartiene a chi la vuole praticare. Non delle case, non delle auto parcheggiate, delle vetrine piene e vuote. Non di un uomo solo, ma di cento uomini, non di una chiesa, ma di cento chiese; e il senso del perché coabitare, gli uni riflessi agli altri, sia il nostro incarico, ancora tutto da costruire.

Ela piazza, una volta ancora, il luogo in cui osare.

Eppure c’è stato un tempo in cui la riassumevano così, Luzzara: Borgo nuovo – casupole e poche strade; Borgo antico – castello con fossato. Tutto qua. Intorno, scrivevano, campagne, “ampiamente coltivate”. Basta. Non un rumore, un suono, un canto o almeno un silenzio, nessuna minima anima rilevata. Zero indizi d’uomini; ma neanche in punta di piedi, neanche come per nascondino, dietro qualche cantone, un tronco d’albero, niente.

Ci voleva un occhio transoceanico, un occhio forestiero, l’occhio di un fotografo – Paul Strand da New York – attratto dallo straparlare di uno famoso di qua – Cesare Zavattini da Luzzara – per arrivare, scattare foto, mostrarle in giro come per dire: “Badate, l’uomo c’è, eccome”. Non era intuizione da poco, e forse i più sorpresi furono proprio i soggetti ripresi, troppo intenti a dover vivere per poter sapere di essere. C’era l’uomo, eccome, fatto della stessa pasta dei terreni, di acqua presa al fiume e della scorza delle sue piante. Fatto del lavoro che sa fare. Solo un occhio intimamente democratico poteva estrarre gli abitanti dalla mimesi con quell’ambiente forte, dando loro, a ognuno di loro, ai nuclei e alle famiglie, un volto personale, un nome, una attitudine sociale. Un senso d’insieme così netto che da allora a chiunque pratichi la fotografia viene la smania di capitare a Luzzara dopo Strand.

Ci sono capitati poi Berengo Gardin e Ghirri, e poi Stephen Shore, Olivo Barbieri, Vittore Fossati, e ancora Orsi e Grassi, e tanti appassionati anonimi infine con i loro disegni segreti.

Questo per ribadire che ogni paese, anche il più remoto, non è mai solo al mondo. E non si può temere di essere attraversati.

Luzzara. Popolazione: novemila uomini, e altrettante anime.

zamboni2

Massimo Zamboni – www.massimozamboni.it

 

 

 

 

 

 

 

0